martedì 22 novembre 2011

La Jugoslavia, il basket e un telecronista (RECENSIONE)

Avevo 7 anni e mezzo.
Era l'autunno del 1972.
Quasi per caso, all'improvviso, giunse la notizia che oltre al primo e al secondo canale della RAI (che iniziavano le trasmissioni alle ore 17.00 con l'unica eccezione di un telegiornale su RaiUno alle ore 13.30...sic...) avremmo ricevuto pure il segnale di Tele Capodistria. Una TV straniera, che festa! Da non crederci...
Iniziò così un atto d'amore e una fedeltà a tutta una serie di discipline sportive come calcio e pallacanestro che la quotata redazione sportiva di quell'emittente ci spiattellò nel corso di tanti anni, meglio: alcuni decenni per la precisione.
Sergio Tavčar, Sandro Vidrih, Bruno Petrali e Ferdi Vidmar ci colorarono per anni e anni tanto tempo e tanto sport.
Adesso Tavčar ci fa dono delle sue memorie di, innanzitutto, amante della pallacanestro jugoslava del tempo che fu e che solo l'uomo ha voluto dividere e non certo l'immutata passione sportiva e cestistica di tante genti.
Torneremo indietro nel tempo leggendo questo libro. Chi ha vissuto quegli anni, come il sottoscritto, non può che restare estasiato e rammaricarsi che tutto quello che è scritto non tornerà più. "Altri tempi dirà qualcuno". Beh, per certi versi furono meravigliosi ed irripetibili.
Questo libro è un'attuale corsa contro il tempo, un vessillo di resistenza a una storia che ha poi distrutto troppe cose. Un tributo alla fantasia umana sportiva e non, all'Essere (sì, certo, con la "E" maiuscola) di tanti popoli uniti sotto la stessa bandiera. Al tentativo pacifico di convivenza nonostante etnie e nazionalità diverse.
Io ho sempre adorato gli Sloveni e ancora oggi stravedo per l'Olimpija Ljubljana, ad esempio, ma quando leggo K.K. Zadar provo un brivido al limite della commozione così come mi accade con nomi come Jugoplastika, Lokomotiva Zagreb e tanti altro ancora.
Il libro di Tavčar è un MUST.
Un regalo di valore ben superiore al suo costo di copertina.

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