Confesso, in tutta onestà, che a rileggere questo articolo mi sono venuti gli occhi lucidi. Sarei un falso-immaturo se non lo ammettessi. E poi me ne compiaccio pure di essermi commosso. Bellissimo!
Nel minibasket c’è il puro e semplice spirito del gioco, non ci sono calcoli, atteggiamenti falsi oppure tatticismi. Si viene in palestra per stare con i compagni, per condividere una emozione, per raccontare la giornata all’amico. Il basket è un pretesto, si tratta di un ritrovo, la voglia di stare insieme prevale su tutto. Ci sono bambini che non fanno un canestro in una stagione, ma ci sono sempre, fanno parte di una squadra e ti mostrano fieri il leone. Entri e senti le urla di gioia, l’entusiasmo che cresce, i leoncini che fanno di tutto per vincere una importantissima staffetta, e poi c’è la rivincita, e la bella e poi si va a bere ma si potrebbe fare dell’altro. I nostri bambini, ci guardano, ci scrutano, captano ogni minimo particolare, ti cercano, ti raccontano, ti toccano: e il rapporto che hai con ognuno è speciale, come loro. Alla fine della lezione hanno immaginato di aver attraversato foreste, di essere supereroi, di passare attraverso cerchi infiammati, di essere invincibili per avendo perso tutte le sfide: perché al minibasket funziona così, tutti possono eccellere in qualcosa. E poi capita che mentre pensi di dover lanciare la palla prima che il cattivo di turno ti prenda succede il miracolo: entra nel canestro, il fruscio della retina, quella soddisfazione che solo un ciuff ti può dare. Certo, è andata bene, il bello è riprovarci, ma ad un bambino di 7 anni il canestro importa poco o niente. È l’ambiente che fa la differenza, è il rapporto con il maestro (si ti chiamano proprio così), il fare parte di un gruppo: tanto c’è già chi fa canestro, io sono bravo a rotolarmi con la palla proverò a fare quello. Ci vuole una sensibilità sopra la media per resistere un’ora in una palestra con 25 bambini e 25 palloni che sbattono (si, perché a quella età la palla è mia e la gestisco solo io!): un modo di essere che solo gli altri istruttori capiscono e comprendono. Sei lontano dalle luci della ribalta, non ci sono campionati da vincere o serie di playoff da preparare, ma solo educare e divertire il tuo giovane pubblico. Essendo istruttore come voi so, cari colleghi del minibasket, cosa ci vuole e come ci si sente in palestra: è quella sensazione bellissima ed unica di fare qualcosa di buono per loro, per i bambini, per il loro futuro. Forse non diventeranno mai dei giocatori, ma vuoi che si ricordino di questi anni con un sorriso, e tu, ogni giorno ti organizzi, per regalarglielo quel benedetto sorriso. Ci vuole la vocazione, lo so, ed è per questo che vi stimo tantissimo, anche se non ve l'ho mai detto.
Continuate così, l’entusiasmo e l’apprezzamento eterno di un piccolo uomo non hanno prezzo.
Continuate così, l’entusiasmo e l’apprezzamento eterno di un piccolo uomo non hanno prezzo.
Andrea Serri
Solo gli imbecilli non si commuovono quando si tratta di bambini. E solo quelli che hanno a che fare con i bambini e li osservano con attenzione capiscono davvero quello che tento di esprimere con i miei scritti. A parte tutto un grande grazie abbraccio ed un grazie ancora più grande a tutti gli istruttori, vecchi e futuri!
RispondiEliminaStare con i bambini e crescerli esorcizza la morte! Vedremo di fare ciò che possiamo. Anzi: di "trasmettere" e "passare" la conoscenza umana ed empatica prima ancora che tecnica. E pluribus unum!!
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