domenica 8 luglio 2012

Parla Basile -BIS- (intervista a Repubblica)

Milano partirà per vincere, glielo diranno tutti ma sarà esercizio inutile perché in casa Olimpia lo sanno loro per primi. Ed allora carrozzarsi con uno che in carriera non ha lottato che per questo, come raccontano l'ingaggio ma ancora di più la permanenza per sei stagioni al Barcellona, resta una buona idea. Ecco perché l'acquisto di Gianluca Basile ha un suo perché, pure se nel prossimo gennaio compirà 38 anni. "Non sono solo, a guardare il roster ce ne sono parecchi che nelle ultime stagioni hanno giocato per vincere. Vuol dire che conosciamo la pressione. Non sarà quello il problema, semmai andare in campo e giocare assieme. Quello sarà l'obiettivo. I nomi non hanno mai vinto nulla".

Prima del passo avanti, uno indietro: perché via da Cantù?
"Hanno deciso di non potersi permettere due 37enni nel ruolo di guardia. E scelto di tenere Mazzarino. Giustamente, aggiungo io, per quello che rappresenta per Cantù. Poi ci sono stati anche alti motivi, che tengo per me. Ma non discuto".
Una Top 16 di Eurolega tenuta viva fino all'ultimo tiro col Barca. Poi finale di Coppa Italia e quarti playoff. Che stagione è stata quella del suo ritorno in Italia?
"Buona per otto mesi e mezzo, raggiungendo tutti gli obiettivi. Poi i tanti infortuni hanno pesato sul finale, l'ultima settimana è stata insoddisfacente, facendoci uscire prima del previsto. Colpa anche di quella sconfitta all'ultimo tiro a Bologna che ci ha tolto il secondo posto".
La cartolina che si porta dietro da Cantù?
"L'Eurolega esaltante vissuta a Desio, il canestro decisivo a Bilbao, il ritorno al Palau Blaugrana. Ed un luogo dove la mia famiglia si è trovata molto bene e non era così facile, dopo Barcellona".
Arriva a Milano con un anno di ritardo?
"Milano era la prima opzione l'anno scorso, poi per varie ragioni non se ne fece nulla, forse pesò il mio anno di inattività. Cantù ha avuto più coraggio e devo solo dire grazie. In cambio misi nel contratto la clausola che, se mi fossi fatto male allo stesso piede, non avrei preso lo stipendio nei mesi di inattività".
La trattativa con Milano?
"Abbastanza rapida, anche perché si era fatta avanti ancora prima che io sapessi la verità sulle scelte di Cantù".
Salutò l'Italia proprio sul parquet di Milano, vincendoci lo scudetto del 2005 e lei il titolo di Mvp della finale. La chiusura più degna sarebbe tornare a vincerlo, magari sullo stesso parquet.
"La possibilità c'è, le carte per poter vincere. Ma nello sport non c'è nulla di certo, pure quando spendi soldi importanti. Partiamo da favoriti. E' vero che per me sarebbe proprio la chiusura del cerchio".
C'è l'Eurolega, soprattutto, a Milano.
"Non fossi stato fermo un anno sarei il giocatore col maggior numero di presenze. E' una competizione che ho nell'anima, che detta da sempre i miei ritmi di vita. Non ho lo stress di doverla vincere, l'ho già fatto col Barcellona. Certo, capitasse ancora...".
Una finestra sulle avversarie del girone: Olympiacos, Vitoria, Efes, Zalgiris, Cedevita.
"Le favorite per vincerla sono sempre le stesse. Poi il campo cambia sempre qualche valore. L'anno scorso dal nostro girone restò fuori Vitoria. Incontriamo squadre storiche, ma i roster non sono definiti. E poi conta solo il campo".
Sono aleggiate spruzzate di romanticismo su quella che poteva essere la sua nuova tappa: Reggio Emilia da dove tutto è iniziato, o Brindisi da figlio di Puglia.
"A me di loro non sono arrivate notizie. Magari a Reggio stavano aspettando di vedere come sarebbe evoluta la mia situazione, uscendo da Cantù".
Ha già parlato con Scariolo?
"Ho parlato, mi ha spiegato la squadra, cosa vorrà fare".
Il suo ruolo?
"Il solito, simile a quello col Barça e che mi si addice di più, da specialista dalla panchina. Per alcuni è da gregario, ma spesso i gregari sono quelli che mettono ciò che manca".
Vista da fuori l'Olimpia di Armani che impressione le dà?
"Una delle poche società che investe per inseguire i suoi obiettivi. E' raro, di questi tempi".
L'unica che s'è mossa in modo importante.
"E' andata decisa sulle sue prime scelte, come fanno le grandi squadre. Che non possono aspettare il mercato delle altre".
Un anno di contratto. L'ultimo?
"No. E' vero che s'è iniziato a parlare di un 1+1, poi s'è deciso un anno. Ma non c'entra nulla con le mie idee. Non ho più pretese di contratti lunghi, vediamo alla fine come sto. Non mi cambia nulla avere uno o più anni di contratto. Né c'entra l'idea di cosa voglio fare in futuro e da quando".
Insomma, Pascual può attendere per quell'invito che è nell'aria di entrare a far parte del suo staff.
"Beh a 38 anni un assistente è ancora molto giovane... Può aspettare".
Pesano, invece, per correre una stagione intera dietro a Langford?
"Saranno... problemi. Ma ne ho fatti sei dietro Navarro che correva sui blocchi come un pazzo. Langford gioca più di uno contro uno e meno sui blocchi, forse prenderò meno botte".
Arriva a Milano, da dove va via Mancinelli.
"Dite che gli ho portato via il posto? Le regole sono queste... Ne parleremo. Mi spiace per il Mancio".
L'unico con cui ha giocato resta Bourousis al Barca.
"Sì, un mese assieme. E poi Giachetti in Nazionale. Dove c'era Frates nello staff".
Sarà l'anno di Milano. Ma lei al passo indietro di Siena quanto crede?
"Vediamo prima cosa accade di McCalebb ed Andersen. Ed anche andassero via, sono già stati capaci di trovare americani che fanno la differenza. Del loro passo indietro leggo da anni...".

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